“Ultras”, sorprendente esordio di Lettieri tra violenza, amore e fede

«Ricordo un altro giovane regista napoletano che esordì al cinema trattando il tema del calcio: si trattava di Paolo Sorrentino con “L’uomo in più”». Con queste parole il produttore Nicola Giuliano tiene a battesimo Francesco Lettieri, durante la conferenza stampa (tenutasi via YouTube causa Coronavirus) di presentazione della sua opera prima “Ultras”, che sarà un evento cinematografico («Nelle sale che sono rimaste aperte» sottolinea il produttore, qui l’elenco in aggiornamento www.ultrasilfilm.com) il 9, 10 e 11 marzo per poi sbarcare su Netflix (che ha prodotto con Indigo in associazione con Mediaset) dal 20 marzo.

Protagonista è Sandro (Aniello Arena), 50 enne di Napoli detto “Mohicano”, capo del gruppo di ultras Apache, con cui ha passato tutta la vita allo stadio tra violenza, scontri, passioni e valori incrollabili. Ma ora che un Daspo gli impedisce di avvicinarsi alla curva, quei valori iniziano a vacillare. Sente per la prima volta il bisogno di una vita normale, di una relazione, magari anche di una famiglia. E ha incontrato Terry (Antonia Truppo), ragazza bella, forte e che non ha paura di niente. La sua storia si intreccia con quella dei giovani Ultras, bisognosi di trovare spazio, di prendersi la leadership della curva del San Paolo. E infine, con i più piccoli, che hanno tanta voglia di crescere, far sentire la propria. Tra questi c’è Angelo (Ciro Nacca) di sedici anni che considera gli Apache la sua famiglia, Sandro la sua guida, la persona che ha preso il posto di suo fratello Sasà, morto anni prima durante gli scontri di una trasferta.

Un esordio sorprendente per Lettieri (autore anche della sceneggiatura insieme a Peppe Fiore), che aggiunge alla sua estetica già apprezzata in videoclip di successo per TheGiornalisti, Calcutta, Liberato (quest’ultimo cura la colonna sonora del film), una profondità di caratterizzazione dei personaggi molto interessante, dove ogni ruolo ha la sua dignità. Gioca con i colori (sembra a volte di essere negli Anni 80), con i piano sequenza, dei poetici droni in volo sul mare, le riprese “sporche” con la camera a mano, e inquadrature tanto strette da farti sentire nel pieno della vicenda, grazie alla grande intesa col suo direttore della fotografia Gianluca Palma. Una vicenda, con piacevoli spunti action, che narra tutto fuorché il calcio ma l’esigenza dell’uomo di primeggiare, una violenta lotta di potere tra amicizia, fede, scontro. Gli “anziani” vogliono mantenere saldo il comando, i giovani scalpitano per screditarli e fargli le scarpe, i più piccoli tendono a giocare a fare i grandi. Tutto questo li porterà all’inevitabile scontro con il loro destino. Primeggia la figura maschile, evidenziandone soprattutto le debolezze. C’è chi perde la testa per amore, chi ha bisogno ancora delle cure della mamma, chi con difficoltà si stacca da un abbraccio con la figlia. Dall’altra ci sono donne sole, indipendenti e fragili. Ne usciranno tutti sconfitti.

Tra i meriti di “Ultras” c’è di aver puntato su due “bomber” come Aniello Arena (Nastro d’Argento per “Reality” di Garrone) e Antonia Truppo (David di Donatello per “Lo Chiamavano Jeeg Robot” di Mainetti e “Indivisibili” di De Angelis) e dai bravi Ciro Nacca, Simone Borrelli, Daniele Vicorito, Salvatore Pelliccia, tutti molto credibili.

«Tutto nasce da un plot per un vecchio videoclip che avremmo dovuto realizzare per Calcutta. Abbiamo però spostato la vicenda a Napoli dove, a differenze della altre grandi città che hanno più di una squadra, il tifo è legato ad un’unica maglia, tutti uniti ad un sentimento di riscatto del Sud e del Meridione, l’unica che può lottare con le formazioni del Nord» spiega il regista. «Ci ho messo del mio passato» racconta Arena, che prima di essere scoperto da Garrone era in carcere a Volterra per essere stato un membro della Camorra di Barra. «Sandro vive in un contrasto, tra la vita ultras e l’amore». «Il compito del mio personaggio – spiega la Truppo – era mettere in difficoltà Sandro, vedevo che funzionava, la mia Terry è una donna indipendente».

E dopo il suo esordio Lettieri si sente pronto per una nuova avventura. «Fellini diceva che “Per imparare a fare film bisogna fare un film”, il mio prossimo lavoro sarà molto diverso da questo». Un prodotto che si inserisce in un onda positiva per il cinema partenopeo, ma guai a parlare di “rinascimento napoletano”. «Qui nascono grandi registi, attori, fotografi, scultori – conclude Giuliano – c’è una miniera inesauribile di giovani talenti che escono, un filone che spero non si esaurisca mai».