Venezia 75, “Capri – Revolution”: Martone tra arcaismo e progresso

Scienza e fede. Arcaismo e progresso. “Capri – Revolution” di Mario Martone è una grande metafora del mondo, della vita. Si interroga su individualismi e collettività, sulla necessità di confronto, di crescita. In concorso per la Palma d’Oro alla 75a Mostra d’arte cinematografica di Venezia, il film narra la storia di Lucia (Marianna Fontana), una giovane pastorella di Capri, analfabeta, che vive con i fratelli (Gianluca Di Gennaro e Eduardo Scarpetta) e la madre (Donatella Finocchiaro). Pascolando si imbatte in una comune di intellettuali stanziata sull’isola, li spia mentre prendono il sole nudi, mentre ballano, ne rimane incuriosita. Il gruppo è guidato da Seybue (Reinout Scholten van Aschat), un pittore, un uomo spirituale. I due entrano in contatto, lei ne resta affascinata e lascia la casa per proseguire il suo percorso con lui. Nella vicenda irrompe un dottore (Antonio Folletto), un ragazzo forte delle sue convinzioni, ma pronto a confrontarsi con il prossimo. Fino a che la guerra non travolge l’Italia.

«Mi sono imbattuto in questa storia per caso, vedendo i quadri di Karl Diefenbach nella certosa di Capri. La sua vita mi ha immediatamente colpito e non sapevo che all’inizio del 900 ci fossero comuni che anticipavano quello che sarebbe accaduto negli anni 60-70. Immediato è stato il cortocircuito temporale con vicende successive, con Joseph Beuys aveva creato un’installazione sull’isola, “Capri Batterie”, dove l’arte non era questione estetica ma mezzo per immaginare un diverso modo di rapporto tra le persone, un fatto politico».

“Capri – Revolution” chiude la trilogia sull’Italia del passato, da “Noi credevamo” (2010) sul Risorgimento, a “Il giovane favoloso” (2014) su Leopardi. «Non ho immaginato questi tre film all’origine, un film è nato dall’altro. I protagonisti sono giovani e ribelli, testimonianza e desiderio di raccontare una Italia che non è doma, che sente la spinta di cambiare».

Una pellicola che manda in estasi la vista. Le inquadrature ricordano quadri: quando i protagonisti sono a tavola sembra di vedere Van Gogh, le sinuose scene di danza (coreografate da Raffaella Giordano) riportano alla mente Matisse. Le musiche ipnotiche di Sasha Ring ne amplificano la potenza. Il volto della Fontana riempie lo schermo, notevoli i cambi di registro di Folletto, la mimica di Di Gennaro da potenza al suo personaggio, molto convincente Scholten van Aschat.

A due anni da “Indivisibili” di Edoardo De Angelis, Marianna Fontana torna a Lido. «Per costruire il mio personaggio mi sono preparata pascolando e mungendo capre. Poi con gli sceneggiatori (lo stesso Martone e Ippolita de Majo, ndr) abbiamo letto dei libri, visto dei film. Lucia è personaggio che scopre una realtà così diversa dalla sua, ha bisogno di ribellarsi della condizione della sua famiglia e si libera da questa oppressione. Ho aperto me stessa a questo personaggio con il corpo ma soprattutto con l’anima, ho risucchiato tutte le idee e le energie che c’erano nella comune».

Nonostante sia ambientato oltre 50 anni fa, il film contiene un messaggio molto attuale. «L’isola è a la metafora del mondo, si scopre che l’unica cosa possibile è confrontarsi. Il confronto è necessario, mentre oggi viviamo in un tempo in cui tutto va chiuso e improntato su una visione in cui l’odio e la paura fanno da collante». Prodotto da Indigo e Rai Cinema, “Capri – Revolution” sarà nelle sale dal 13 dicembre.